ISRAELE: tutte le incognite al cambio di guardia del governo

Con una maggioranza risicata, il parlamento israeliano (la Knesset) ha votato la fiducia al nuovo governo di Naftali Bennett, leader del partito di destra Yamina. La nuova maggioranza, molto eterogenea, mette insieme 8 gruppi politici diversi: dalla destra estrema fino alla sinistra laica, inglobando per la prima volta in un governo israeliano (clamoroso!) il partito arabo-israeliano di Ra’am.

Quello di Bennet sarà il primo esecutivo a guidare il paese dopo 12 anni ininterrotti di Likud, storico partito conservatore di Benjamin "Bibi" Netanyahu. Il nuovo premier stesso in passato è stato varie volte ministro nei trascorsi governi di Netanyahu, anche se mai in posizioni decisive. Ha cercato spesso con i suoi "movimenti" di smarcarsi dalla "stretta" del carismatico Bibi per trovare un nuovo spazio politico nella sua stessa parte di campo, la destra. E alla fine sembra esserci riuscito,  mettendo d'accordo tutti i nemici, gli avversari e gli oppositori del premier uscente.

Bennett sarà il primo ministro nella storia di Israele a identificarsi come “ebreo praticante” e a portare la kippah: anche se non sembra essere un particolare frequentatore di sinagoghe, è sposato con una donna non religiosa e vive in un sobborgo di Tel Aviv, la città più progressista di Israele.

Hanno fatto discutere in passato alcune sue prese di posizioni. Da ministro fece cancellare dai programmi scolastici un libro che parlava di integrazione fra israeliani e arabo-palestinesi, bandì diverse associazioni pacifiste, proibendo loro di manifestare o di tenere convegni a sfondo pacifista  e si vantò più volte di aver ucciso molti arabi durante i suoi trascorsi militari nell’esercito.

Grandi sfide lo attendono nei prossimi due anni, a partire dalla situazione interna. Da non dimenticare che Israele è reduce in maggio da una guerra lampo che ha visto l’esercito israeliano alle prese con una serie di raid violenti in risposta alle rappresaglie di Hamas nella Striscia di Gaza. La scintilla stavolta è stata provocata dallo sfratto da Gerusalemme Est di 4 famiglie arabo-palestinesi. In una zona "contesa" che Israele considera annessa, e che invece i Palestinesi difendono con i denti come propria, forti anche dell'approvazione del "diritto internazionale". Due settimane durissime di scontri asimmetrici, concluse il 21 maggio con una tregua bilaterale, che hanno lasciato sul campo ancora una volta un bollettino agghiacciante: 16 morti nella parte israeliana e 256 morti in  quello palestinese. 

Ed è chiaramente lì  che si giocherà la sfida più importante di Bennet che, comunque, sembra condividere la stessa posizione dell'uscente premier a favore dell'occupazione della Cisgiordania. Quindi, almeno in teoria, non sembrano profilarsi grossi cambiamenti d'impostazione all'orizzonte.  

Sarà comunque interessante scoprire la qualità di rapporti che Bennet intessera' con gli Stati Uniti di Biden, dopo che all'indomani dell'elezione di Trump nel 2016, salutò con un inequivocabile endorsement l'arrivo del tycoon alla Casa Bianca, augurandosi per il proprio paese "la fine dell'era palestinese". Posizioni di certo non in linea con quelle di un moderato  e che oggi di certo non troverebbero riscontro me' approvazione presso l'entourage di Biden.

Comunque sia, lo vedremo presto all'opera ben sapendo che il quadrante israelo-palestinese raramente delude in termini di colpi di scena e di repentini cambi d'indirizzo. Specialmente adesso che il paese sarà alle prese con  un governo di tutti (contro Bibi Netanyahu) che darà spazio anche alla componente minoritaria degli arabo-palestinesi. Insomma, un nuovo corso per la polveriera Israele che trova davanti al suo accidentato cammino parecchie incognite e tanti punti interrogativi. Comprese le reazioni del nemico storico per eccellenza: un Iran comunque parecchio indebolito e isolato da lunghi e pesanti anni di embargo Usa. 

14 giugno 2021