Gli appetiti del Dragone e la frittola del Ballaro' (parte prima)

È ancora possibile tenere la Cina in catene?

E quando si sarà liberata dagli ultimi anelli con cui l’Occidente sembrano averla imbrigliata, quale sarà poi il vero volto che mostrerà al mondo? Quello di un indomito dragone che esibendo i muscoli e sputando fuoco dalle sue enormi fauci, avanzerà a passi lesti scardinando ad uno ad uno i possenti baluardi di un mondo che gli è stato ostile e che, senza mezze misure fino ad allora, l'ha temuto e fortemente disprezzato? Sarà la Vendetta il sentimento che guiderà i suoi passi? Per quei lunghi decenni in cui è stato costretto a masticare bocconi amari come il veleno, pasteggiando con gli ultimi brandelli di un occidentalismo esasperante? Di quell' acerrimo nemico a stelle e strisce e dei suoi discepoli che ne hanno di volta in volta stigmatizzato (volendo usare un eufemismo) le sue dottrine politiche, i suoi usi e costumi, la sua discutibile cucina, il suo improponibile accento, i suoi tratti somatici (con quegli occhi a mandorla) e perché no, quella sua ridicola statura? Ultimi avamposti di una mai sopita feroce e strisciante forma di razzismo di matrice occidentale.

Oppure, quando pure si potrà ergere all'impiedi in tutta la sua potenza, sceglierà invece di rimanersene comodamente acciambellato sul pianeta che sarà diventato allora il suo zerbino, mostrandoci così il suo vero tenero cuore di Panda? Sarà allora forse che, avendo fatta propria la difficile lezione della temperanza, la Cina avrà deciso di rivelarsi clemente, liberale e munifica verso i suoi avversari e nemici di un tempo? Che nel frattempo a gara si saranno affrettati a cospargersi il capo di cenere alla corte del Grande Imperatore, magari stracciandosi le vesti per le passate poco raccomandabili frequentazioni... Che nel frattempo a gara si saranno affrettati a cospargersi il capo di cenere alla corte del Grande Imperatore, magari stracciandosi le vesti per le passate poco raccomandabili frequentazioni...

Una cosa pare certa, quasi scontata. Prima o poi la Cina arriverà a tagliare il traguardo. Ma ciò non significherà necessariamente che dovremmo gia' fasciarci la testa o addirittura andare in escandescenza per un futuribile allarme rosso. Dopotutto, il soft power gentilmente sciorinato dalla prosopopea americanista negli ultimi Settanta anni, ci ha insegnato che le periferie dell'Impero, non se la passano poi così male, conservando ancora la facoltà di essere egemoni a casa propria, liberi entro certi parametri e consapevoli di poter scegliere il grado di assorbimento della cultura dominante... Quindi, perché mai dovrebbero andare diversamente le cose sotto quella che si prospetta la lunga egemonia cinese?

Certo, sarà difficile pensare ad un mondo dove l'America abbia perso per sempre lo scettro della guida economica, geopolitica e culturale a vantaggio di qualcun altro. A partire dall'enorme peso della sua industria dei sogni (Hollywood) passando per le battaglie civili sociali, politiche e culturali che si giocano oltreoceano, non c'è settore della nostra vita pubblica o privata che si possa dire abbia fatto a meno di confrontarsi (anche in maniera inconsapevole) e di attingere a piene mani dalle linee guida di Washington. Nolenti o volenti. In tutto ciò, ovviamente, la supremazia americana non ha mancato di creare forti polarizzazioni (in Italia, in Europa e un po' ovunque nel globo) fra il partito dei convinti americanisti da un lato e un sottobosco sempre più folto di antiamericanismo strisciante, ma sempre vivo, dall'altro. Pertanto, un "imperatore divisivo" a ben vedere c'è sempre stato e ben presente nella nostra vita pubblica occidentale. Perché' temere allora se ora pare abbia assunto un nuovo nome e una diversa forma? Forse perche', volendo azzardare una risposta, temiamo che la nuova "sostanza" proposta possa rivelarsi tanto diversa dal nostro oliato status quo? E' forse questo che ci fa piu' paura della Cina.

Di certo, in attesa della ormai scontata egemonia globale cinese, ci appare davvero lontana l'ipotesi che fra 20, 30 o 50 anni, la Cina possa imporre il suo forte imprinting sulla cultura di massa così come è successo per l'America dalla Seconda Guerra mondiale ad oggi. Difficile immaginare, per esempio, che ad un certo punto Hollywood venga soppiantata dagli Shangai Film Studio. Così come risulta impensabile che, nello spazio di un paio di decenni, la lingua cinese possa sostituirsi all'utilizzo dell'inglese/americano. Mentre, sul rischio di import/export del regime politico cinese, sembrerà bizzarro, ma ci potremmo stupire constatando che forse, fra i due sistemi politici (quello americano e quello cinese) così diversi per concezione, non passi poi tutta questa grande differenza. Se non altro, chiarisco, perché la globalizzazione e le strategie sul mercato unico mireranno verso un mondo sempre più omogeneo, allineato e parificato. Non ci sarebbe pertanto da stupirsi se, i due dossier al vaglio sul tavolo del Zhongnanhai e del Pentagono, recitassero le stesse linee guida, anche se con ricette differenti. La famosa eterogenesi dei fini...

Comunqua sia,  suonerebbe davvero una beffa per noi occidentali, svegliarci un giorno da comunisti (senza saperlo), tanti anni dopo la caduta del muro di Berlino... Chi l'avrebbe mai detto? L'incubo più' spaventoso di ogni americano (democratico o repubblicano) si sarà allora materializzato. E se si pensa che l'impero Usa avrà impiegato, a quel punto, quasi un secolo e mezzo per contrastare le varie dittature marxiste nel mondo, annoverandone di volta in volta con laida prosopopea i suoi innumerevoli successi, quello cinese apparira' allora davvero l'affronto più grande. The Big One.

E chissà se, in questa nuova vulgata, magari ci potrà essere spazio anche per un novello Ivan Drago in versione cinese che, incrociando i guantoni dell'Americano Rocky Balboa, un po' sciroccato e malandato dal passare del tempo, riuscirà questa volta nel suo principale intento: quello di spezzarlo in due. La vendetta, d’altra parte, è un piatto che va servito freddo. 

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Gli appetiti del Dragone e la frittola del Ballaro' (parte seconda)

Per carità, tutto ciò è un pour parler... ça va sans dire. Nessuno di noi ha la sfera di cristallo per predire il futuro. E a ognuno è certamente (ancora) permesso di avanzare delle previsioni. E tutto sommato, nessuno pensa che l’America sia così ben disposta e mollemente cedevole a consegnarsi alla fine dei giochi incaprettata mani e piedi ad una mutazione, seppur sofisticata, di neo comunismo. Molto più probabile invece immaginare che le strutture cinesi possano penetrare lentamente sui tessuti occidentali impregnandoli a poco a poco, subdolamente, senza colpo ferire. Come una lenta osmosi. Che di fatto è già in atto.

Ma siamo davvero sicuri che le sorti magnifiche e progressive abbiano in serbo per i prossimi secoli il dominio incontrastato della Cina? E quali sono gli indicatori, le spie che ci dicono che prima o poi il mondo parlerà il mandarino? Citerei in primis un dato di fatto incontestabile. I numeri. Partendo da quelli più oggettivi. Appena meno di un quarto della popolazione mondiale è cinese. E anche se ultimamente il trend di crescita della popolazione è in forte calo, stiamo pur sempre parlando di 1,4 miliardi di persone (per dire, gli Usa ne contano appena 400 milioni, la Russia non arriva ai 150 di milioni). Per poi passare ai numeri dell'economia. Anche nel 2020, anno funesto segnato dall'insorgere disastroso della pandemia, il gigante cinese, non solo è riuscito a combatterla meglio di altri (meglio certamente degli Usa), ma ha saputo portare a casa, unica nel mondo, un segno piu' sulla bilancia commerciale (+ 2 % contro - 5 % degli Usa). Le aziende cinesi vanno a gonfie vele e la progressiva erosione delle quote di mercato a discapito del nemico nr. 1 è impressionante. E se la pandemia dovesse funestare l'Occidente ancora per una o due stagioni, allora rischieremmo fra non molto di svegliarci in un mondo ormai irrimediabilmente cinocentrico.

D'accordo, non sara' un gioco da ragazzi per Xi Jinping e compagnia innalzare il vessillo della Cina sul pianeta. Intanto perché la Cina dovrà slegarsi dalle catene di cui si diceva all'inizio. La strategia di contenimento degli Usa è di certo l'approccio meditato più efficace messo in atto dagli americani da qualche decennio a questa parte. Forse l'ultimo baluardo allo strapotere cinese. Il cordone che, si diceva altrove in questo blog, Washington ha steso lungo tutto il suo perimetro farà in modo certamente di ritardarne la sua forza propulsiva. Ma il tranello che Washington ha teso ai danni di Pechino avrà solo l'effetto di posticiparne la sua incoronazione. Di fatto, sembra impensabile sostenere che ne possa frenare definitivamente la sua corsa irresistibile.

La Cina per dimostrarsi numero uno però dovrà ancora risolvere un bel po' di grattacapi. A partire dai suoi molteplici problemi interni. Se la Cina saprà intanto far rientrare le crisi in corso con Hong Kong, spegnere i focolai interni di protesta nella periferia del suo Impero: nello Xinjiang, nella Mongolia interna e nel Tibet, dove le locali popolazioni sono mal integrate con la principale etnia Han (che copre il 92 % della popolazione). Se saprà coprire il profondo divario di ricchezza che sussiste fra le popolazioni delle coste e quelle del suo profondo interno. Se riuscirà a far fronte agli attacchi "regionali" dell'India, suo omologo nell'area, ma di certo più disunita etnicamente. Se saprà fare proseliti nei territori del sud est asiatico: se cioè il dragone sarà riuscito a domare le tigri del sud-est asiatico:  Taiwan, Indonesia, Malesia,  Filippine, Vietnam e di tutta l'area lì compresa. Paesi sui quali si fonda la prima linea di difesa degli Stati Uniti. Se sarà capace di trovare una quadra con i grandi colossi che scalpitano nel suo seno (Alibaba, Baidu, Tencen, Huawei), cedendo loro più autonomia e alleggerendoli dalle tante restrizioni imposte.  Se avrà saputo porre freno al drammatico problema dell’inquinamento, migliorando la qualità della vita della sua popolazione. E se, non da ultimo, avrà saputo dimostrare al mondo di invertire la marcia sugli inesistenti diritti civili (sulla libertà d’espressione, sulla libertà di credo, sui diritti degli lgbt etc.), riformando il sistema giudiziario in mano di fatto al Partito Comunista, sotto cui vigono ancora processi iniqui, tortura, maltrattamenti e pena di morteSe e solo se avrà svolto tutto questi  "compitini", vorrà dire che il ventre molle del Dragone si sarà cementificato e che si potrà adesso concentrare a tutto campo sul suo nascente impero. Tanta, tanta roba insomma...

Nel frattempo, pare a buon punto la sua avanzata neo colonialista, ossia la conquista di ampie fette dell'Africa, a danno delle vecchie potenze coloniali occidentali che, incapaci  di instaurare dei partenariati solidali con le loro rispettive ex colonie, pagano sempre più il prezzo delle loro politiche imperniate sul mero sfruttamento e sull'interesse. La Cina, avendo intuito la  loro debolezza economica e diplomatica, ne ha approfittato per volgere la situazione a proprio favore. E, nei fatti, si sta prendendo l'Africa fetta fetta, come prelevando da una grande torta. Non solo, lo fa anche con una scaltra politica apparentemente di solidale supporto verso questi paesi.

E l’Europa? Che destino ci sarà fra cent’anni per l’Europa in un mondo cinesizzato? Chissà… C'è una certa circolarità della Storia che a volte ci dice più' di quanto non ci aspettiamo. Almeno per quanto riguarda il Vecchio Continente. In passato diversi sono stati i tentativi di smembrare l’Europa partendo dal suo valore fondante, la Cristianità. Spesso sono state le compagini musulmane a provare a fare breccia alle mura dell'Europa, per diversi periodi, facendole male e ferendola fino quasi a paralizzarla. Si pensi pero' alla vittoria di Carlo Martello a Poitiers nel 712 contro l’avanzata dei Musulmani e alla battaglia di Vienna nel 1683 fra il Sacro Romano Impero contro la minaccia Turca. In entrambi i casi l'Europa ha saputo  tenere botta  ricacciando indietro la minaccia, che in quei casi era certo militare e politica ma anche culturale e, in ultima istanza, religiosa.

Francamente l'Europa di adesso, nonostante risulti "Unita" (solo sulla carta) non mi pare abbia dimostrato il giusto piglio, le giuste forze e le sinergie necessarie per potersi difendere geopoliticamente e commercialmente dal lento e osmotico assalto del grande Dragone. Al momento sembra giocare lo scomodo ruolo del coccio di terracotta fra i cocci di ferro, di manzoniana memoria. Ma il nostro continente ci ha sempre stupito in ogni era (nel bene e nel male) e chissà se alla fine non sarà capace di trovare una sintesi che possa permettere col tempo, una pacifica integrazione fra tutte le parti in gioco. Un augurio oltre che una speranza.

Qualunque cosa dovesse succedere in futuro, mi pare di poter mantenere viva una sola certezza sulla questione. Che lo street food made in Ballaro', fatto di ogni tipo di cartilagine e residuo animale ("quarume") difficilmente possa venire un giorno soppiantato dal tradizionale street food cinese. Ma se davvero dovesse succedere l'irreparabile, ossia che al posto di frittola, milza e raschiatura, si dovessero reperire sui banconi dell'Albergheria le "prelibatezze" asiatiche,  con tanto di brochettes a base di scorpione giallo,  crisalide di lepidottero,  bruchi,  cavallette, cicale e serpentelli vari, allora questo significherebbe due cose: o che u zi' Toto', l'ex panellaro di un tempo, si è talmente evoluto da aver imparato 3 lingue e gira per il mondo come testimonial di Huawei, guadagnando padellate di yuan, incurante ormai della sua dieta. Oppure che avendo interpretato, da uomo intelligente qual'e', i segni del tempo, sia venuto incontro ai nuovi gusti e alle nuove esigenze,  contribuendo anzi ad una sorta di evoluzione culinaria, presentando al suo bancone un menù fusion rivisitato con frittola all'orientale e milza cantonese... C'è anche una terza opzione: cioè che, visto l'andazzo, si sia nel frattempo dato al Buddismo ...e magari al veganesimo. Anche se quest'ultima ipotesi mi pare davvero troppa fantascienza.

28 dicembre 2020