FALSO MOVIMENTO



17



Domenica, 8 dicembre. 

Come prima cosa, quella domenica mattina Cedric volle andare a sincerarsi personalmente sulle condizioni del pied-a-terre di Alain. Il nido d’amore suo e di Annette. Percorse velocemente a piedi il tratto di strada che lo separava dalla fermata del bus e riuscì a prendere al volo il 91 Gare du Nord – Montparnasse. Godendo dello scarso traffico domenicale, in pochi minuti si trovo' alla fermata di Val de Grace. Un leggero vento aveva cominciato a spirare da nord e, per evitare che gli si ghiacciassero, dovette subito cacciarsi le mani nelle calde tasche del paltò. Un dicembre così gelido non lo ricordava da tempo. Camminò velocemente lungo il breve tratto di strada che dalla fermata lo conduceva a rue Michelet. E come spesso gli accadeva a quella altezza, diede un’occhiata furtiva tutto intorno. La stradina era molto discreta e il fatto che non vi fossero negozi la rendeva quasi sempre piacevolmente deserta. Nonostante si trovasse a due passi dal frequentatissimo giardino di Louxembourg.


Giunto al civico, estrasse la chiave dallo zaino che torno' ad imbracciare, subito dopo, dietro alle spalle. Aprì il portone e, gradino dopo gradino, con attenzione maniacale provo' a bonificare con lo sguardo ogni buco, fessura o angolare proiettato sulla tromba delle scale. Salì a piedi al quarto piano, senza ravvisare alcuna irregolarità. Trovo' l’appartamento come lo aveva lasciato una decina di giorni prima. Con le veneziane leggermente socchiuse. Un rapido giro del salone e della camera da letto lo sprofondò in una cupa malinconia. Il suo nido d’amore era in perfetto ordine, non vi erano effrazioni a porte e finestre e ogni cosa sembrava perfettamente al suo posto. In definitiva, penso' tirando un lungo sospiro di sollievo, i video hard che quella malefica voce telefonica millantava di avere in possesso, altro non erano che una maledetta balla. Una specie di rafforzativo emotivo per un ricatto con i fiocchi.


Di inquietante rimaneva come i suoi ricattatori avessero potuto, in poche ore, avere accesso alle sue informazioni, alle sue abitudini e ai suoi dati. Dall’incontro con Dutroux in villa a Bonneuil sur Marne fino alla sera della telefonata minatoria in hotel a Dijon erano passate in tutto appena una trentina di ore. Questo confermava due cose. Intanto era ormai palese che Dutroux fosse pedinato a vista. E che quasi certamente, dal loro incontro in villa, lo fosse anche lui. Costantemente. E l’altra cosa, forse ancora più sinistra, era che questi ricattatori si avvalevano di una rete di informatori così capillare, tecnologicamente avanzata e centralizzata da riuscire a coinvolgere svariate figure: a Parigi, così come a Dijon e a Marsiglia. "Ti teniamo per le palle ... Siamo noi lo Stato...". Difficile scrostarsi di dosso quel tono così prepotente e arrogante.


Cedric non dimenticava nemmeno la telefonata in hotel ricevuta da Mme Nerval, di tenore pressoché uguale alla sua. Non poteva essere un caso. E forse quel falso adescamento al Baby Luna in cui volevano trascinare la Nerval altro non era che un modo per attirare Cedric in una sorta di fiera al buio. I ricattatori, nascosti dall’anonimato e dalla penombra del night club, avrebbero avuto tutto il tempo per studiarli e per fissare bene con chi avessero avuto a che fare. E dopotutto, trascinare la madame e lui in quel posto, oltre che esporli ad una sorta di umiliazione, non avrebbe fatto altro che aumentare la loro pressione psicologica. Cosa che era puntualmente accaduta. Senza contare che, c'era da crederlo, da perfetti debosciati quali erano, i ricattatori avrebbero trovato anche il tempo e il modo di inventarsi un divertissement gratuito, facendo leva sugli appetiti sessuali di Mme Nerval. Qualcosa di diabolico e di profondamente malato si nascondeva dietro a tutto questo, sospirò Cedric.


Da fini psicologi, infine, ai ricattatori non restava che un'ultima mossa: tirare in ballo la sua storia con Annette avrebbe se non altro frenato qualsiasi impeto o volontà di resistenza da parte di Cedric. Permettendo loro di tenerlo in pugno e ben piegato ai loro desiderata.


Ma era davvero questo il movente di questa storia? Era davvero incappato in un'operazione dei servizi segreti volta a braccare Dutroux e i suoi loschi affari ? Nelle ultime ore, complice il lungo viaggio in treno, aveva avuto modo di squinternare tutte le varie opzioni. E all'ennesima revisione, tutto gli sembrava volgere in quella direzione. Solo che non riusciva ad annodare tutti i fili. Ad esempio, la scomparsa di Eric... Perché mai il caso Dutroux in procura era scoppiato proprio nel momento della scomparsa del figlio ? C'era una correlazione fra le due cose? L'urgenza dell'arresto quel sabato mattina disposto dalla Procura, aveva in certo qual modo una connessione con la fuga del ragazzo?


Forse no. Torno' a sospirare Cedric, sorprendendosi a borbottare fra sè come una vecchia caffettiera sul fuoco. Forse bisognava una volta per tutte piegarsi all'evidenza. La scomparsa di Eric non era altro che una fuga deliberata e pianificata dal ragazzo per mettere distanza fra sé e i membri della sua famiglia. Altro non era, cioè, che il punto di rottura con una realtà che da tempo non gli calzava più bene e che non sentiva più sua. E probabilmente, quelle sue cattive frequentazioni avrebbero affrettato le operazioni di fuga, aiutandolo a non lasciare tracce dietro di sé e proteggendolo nell'anonimato. Le stesse cattive compagnie che avrebbero potuto spingerlo a consacrarsi alla "sola" giusta causa che sembrava rimanergli: l'arruolamento nelle milizie dei Foreign Fighters. Cedric parve soddisfatto dell'ennesima sinapsi. Per lo meno, il suo viaggio a Marsiglia non sembrava poi essere stato così inutile, si consolava.


Come interpretare invece il suicidio di Dutroux? Un uomo ormai triste e amareggiato, dalla figura diafana e dal colorito sinistro. Un uomo senza più amici, abbandonato anche dal figlio, ignorato e disprezzato dalla moglie e sormontato da una miriade di debiti oltre che di accuse penali. Ecco cos'era diventato Dutroux ultimamente. Il fantasma di se stesso, incapace di prendere posizione, corroso dagli errori del passato, dai fallimenti che aveva attirato lungo la sua pur scintillante carriera. Un uomo cui nemmeno la passata fama delle proprie opere riusciva più a creargli un valido alibi per rimanere attaccato alla vita. Così dovette andare quel sabato mattina, quando alla sua porta si erano presentati gli agenti della Police Financière. In quel breve lasso di tempo in cui aveva avuto la certezza che stessero per cadere tutte insieme le sue maschere, quello dovette sembrargli il momento giusto per farla finita.


Provava pena adesso Cedric per quel povero diavolo. Un uomo complesso, dalle molteplici sfaccettature, che credendosi al di sopra delle leggi, una specie di Dio, pretendeva che tutto gli fosse dovuto. Un uomo che in sé aveva sperimentato la fusione di tre diversi talenti: l'artista, il manager e il criminale. Difficile per questo tipo di uomini così strutturati, non credersi al di sopra di tutto e di tutti. E tuttavia un uomo che da qualche tempo, poco a poco, stava sperimentando il peso immane e inarrestabile della propria caduta. Precipitando da quel piedistallo che si era prepotentemente costruito, in caduta libera, verso una sorta di pozzo nero dell'anima. Senza nessun appiglio cui aggrapparsi. Senza nessuna possibilità di salvarsi. Non dovette essere facile per l'architetto reggere la parte negli ultimi mesi, annui' Cedric, alla fine di questo lungo treno di pensieri.


Erano appena le 10,30 del mattino, quando uscì dall’appartamento. Le grasse nuvole che la mattina si erano date appuntamento da qualche parte a nord della città, sembravano adesso tornare ad incontrarsi verso il centro. Il tetto del cielo si era notevolmente abbassato e dopo che il vento aveva cessato di soffiare, Parigi sembro' sprofondare nuovamente in una fitta coltre di nebbia. Assorto nei pensieri, non si era nemmeno accorto di aver percorso due isolati a piedi in direzione Boulevard Montparnasse. La prossima direzione era adesso Champs Elysée. Aveva voglia di fare una capatina negli uffici di Alain Leclair. Alla successiva fermata saltò dunque sul primo bus per il 1er Arrondissement. Scese all’altezza della fermata Bèotie, a metà strada fra l’Arco di Trionfo e le Tuleries. E dove avrebbe potuto avere il suo ufficio Alain Leclair se non nel posto più costoso e centrale di Parigi? Sorrise ironicamente Cedric, che non si abituava mai alle stravaganti smancerie dell’amico. Sorriso che però gli si tranciò sulle labbra quando, appena sceso dall’autobus scorse con la coda dell’occhio proprio lui, Alain, in procinto di attraversare la strada sulle strisce pedonali. E, cosa per niente ordinaria, in quella gelida domenica di dicembre, lo stava facendo in compagnia di Mme Nerval. Dovette quasi appoggiarsi ad un palo della segnaletica, per non perdere l’equilibrio. Istintivamente, una volta che l’autobus se ne partì, si fece schermo con il braccio. E fatto repentinamente dietrofront, volse loro le spalle. I due stavano giusto per raggiungerlo dalla sua parte di marciapiede. Schermato dalla pensilina della fermata, li seguì per un breve tratto con lo sguardo, quando li vide entrare al caffè Elysee, dove era solito condurre i suoi ospiti per un caffè. Cedric rimase interdetto.


Alain Leclair non aveva certo bisogno di presentazioni a Parigi, essendo uno dei giornalisti più alla page della città. Ciononostante, questo evento, vederli insieme, ad appena un giorno dalla morte di Dutroux, lo aveva colto alla sprovvista. Che la Nerval non fidandosi più dei suoi servigi, o fidandosi fino ad un certo punto, avesse deciso di sguinzagliare dietro a Eric un altro cane segugio di razza come Alain? Ipotesi che poteva sembrare abbastanza plausibile. Peraltro, l’architetto era perfettamente al corrente dell’intima amicizia fra Cedric e Alain. C'era da credere pertanto che la stessa Nerval ne fosse a conoscenza. La cosa lo infastidì. Non sapeva ben dire per quali motivi. Avrebbe forse preferito essere consultato dalla Nerval prima che lei andasse a cercare aiuto altrove. Non si trattava solamente di un colpo alla sua autostima, cercava di convincersi Cedric. Questo significava che Mme Nerval, dal giorno in cui era stata costretta dal marito, complice Cedric, a rientrare a Parigi da Dijon, non aveva per nulla gradito quel trattamento, di stampo cxprettamente maschilista. Ammise in un momento di lucidità. E c'era da credere che non gliela avrebbe fatta passare liscia.


Rientro' a casa prima di mezzogiorno con una speranza nel cuore. Aperto l'uscio, diresse immediatamente il suo sguardo verso la cornetta del telefono. Il flash della segreteria telefonica lampeggiava ad intermittenza. Il suo pensiero corse subito ad Annette, mentre il cuore prendeva a scartare al galoppo.


Bip- Domenica 10 dicembre 2017. Ore 10.02 Cedric, tesoro mio, non so se sei rientrato dalla tua missione ... Io non saprei come spiegartelo ma ... sta succedendo qualcosa di strano intorno a me ... Mio marito .. cazzo, sembra impazzito... Dopo giorni di tensione fra noi, l'altra sera al culmine di una delle sue scenate di gelosia davanti a tutti, c'era anche il presidente ... ha poi minacciato di licenziarmi ... Anzi, sembra l'abbia già fatto. Da due giorni mi ritrovo da sola, rinchiusa in un'ala di questo maledetto castello ... con la scusa che mi sono beccata un brutto raffreddore. Da allora lui non è più passato a vedermi. Per quanto ne so, oggi saremmo dovuti tornare a Parigi. Ma nessuno qua mi dice niente. Mi sento debole...sempre più debole. Sospetto che mi abbiano drogata ...L'altro ieri, non riuscendo a contattarti, nella disperazione ho provato a parlare con Alain ... Non volevo lasciarti messaggi in segreteria, perché non so più di chi mi posso fidare... Sto usando la scheda di un prepagato, nella speranza che non venga tracciata ... Ma davvero non so più cosa pensare... Bip...


Per tutto il tempo del messaggio, Cedric si ritrovo' a tormentarsi la barba, assecondando il movimento delle dita alle smorfie di frustrazione che quelle parole sembravano causargli. Finì per ritrovarsi a cerchiare con pollice e indice la fronte, in una specie di ponte fra una tempia e l'altra. Seguì un attimo di silenzio in cui provò a tenere a bada l'inarrestabile trotto del cuore. Poi torno' ad ascoltare il messaggio per una seconda volta, provando a depurarlo dall' emotività che quelle parole gli provocavano.


In quell'istante sentì il trillo del citofono. Due colpi, ben assestati, senza poesia. Dallo stile del tocco aveva imparato a conoscere ormai la persona cui appartenevano. Se erano amici, quei pochi che gli erano rimasti, il tocco era lieve e intermittente, come a segnalare: "è qui la festa".

Trattandosi di Alain, il trillo diventava un po’ più nervoso ma pur sempre di breve durata. Suo padre, invece, aveva il tocco della perentorietà: lungo e assertivo, come era lui del resto. Corrieri e postini se la cavavano in genere con un unico trillo profondo e impersonale. Quando invece si trattava di clienti, ecco che veniva fuori il trillo cacofonico della rogna. L' inconfondibile doppietta. Esattamente la stessa tipologia che gli sembrava di aver appena sentito.


- Siii, chi è ? ... Torno' a ripetere un paio di volte, dal momento che non ricevette risposta, né riusciva a scorgere nessuno dal videocitofono.

Poi d'un tratto una rasoiata lo attraversò di parte a parte.

- Madame Nerval ... non le dispiace se entro un po’, vero?

Ribatté la voce al citofono, caricando il peso più sulla proposizione assertiva che su quella interrogativa.




FALSO MOVIMENTO



18



Inspiegabilmente in trepidazione, Cedric attendeva Mme Nerval sulla  porta spalancata dell'uscio. Udì lo zoccolio dei tacchi inerpicarsi dalla tromba delle scale, seguito a ruota da dense folate di un sofisticato profumo, gentile ma inebriante. Raggiunto il pianerottolo, Madame Nerval le sfilo' accanto, mantenendo un’andatura stracca ma perentoria. 

- Non sono ancora arrivati gli ascensori da queste parti, immagino ...

Lo sferzò lei, dedicandogli un'occhiataccia in tralice sopra gli occhiali.

Domato il fiatone, la donna sembrò da subito indovinare la porta dello studio, mentre Cedric, ancora scombussolato dalla sorpresa di quella visita inaspettata, si affrettò a richiudere il portone dietro di sé. 

- Avevo sentito parlare di te, prima ancora che il mio ex marito ti desse l'incarico ...

Principio' con decisione la madame, togliendosi d’un tratto gli occhialoni neri e consegnando alle iridi di Cedric un cielo blu oltremare. Al detective non era sfuggito quel tu che la madame gli aveva indirizzato con estrema naturalezza.

- Bene… Non so chi diceva: l’importante è essere sulla bocca della gente. Nel bene e nel male ... 

Rispose lui, cercando di sfuggire per la seconda volta a quel suo nuovo sguardo fisso e penetrante, che pareva metterlo in soggezione.

C'era qualcosa di diverso nella luce di Mme Nerval, osservò Cedric. Come se, con la morte del marito, in un processo di chiarifica, fosse riaffiorata  d'un tratto la  parte pesante e  nascosta di Mme Nerval.

- Posso fumare qua ...

Chiese la donna senza contemplare nella domanda l’ipotesi di un diniego.

Si era già accomodata nella poltrona del salottino, quando accavallò con grazia le  gambe, mostrando un generoso spacco ad altezza del ginocchio.

I trenta secondi che la signora impiegò per tirare fuori dalla borsa il pacchetto di sigarette, estrarne la patina plastificata, poi quella argentata, scuotere il pacchetto per facilitarne l’estrazione, inserire le due dita finemente pittate e cavarne una lunghissima Merit 100’s, Cedric li trascorse in una sorta di panico.

Si senti' inebetito da questo deciso cambio di passo della Nerval e incapace ancora di ricredersi. Dov'era andata a finire quella cantilena sgraziata e quella vocina insicura che aveva scandito con stupidaggini e  banalità  ogni minuto di quel viaggio da Parigi a Dijon? Che fine avevano fatto i suoi capricci di donna vana e viziata ? E le sue partite di Baccarat con gli amici e i suoi zotici domestici con quelle abitudini troglodite ?

- Bene, veniamo al dunque.

Riprese bruscamente la signora, dopo aver soffiato l’ennesima boccata di fumo, visto che Cedric non aveva trovato ancora l'argomento giusto.

- Sono Julie Nerval -attaccò lei con decisione- e sono figlia di Luc Nerval, l'imprenditore della moda... 

Si fermò, come a spiare l’effetto di quel nome sul volto di Cedric, il quale assenti' con un breve cenno della testa.

- Sono diventata una Dutroux quasi per caso ... sicuramente  per volere di mio marito. Ma sarei potuta essere una persona diversa...

E qui il suo volto si rabbuiò.

- Sa... non è facile essere la moglie di un uomo come lui. Negli anni buoni era un vulcano di idee, un concentrato di azione, creatività e affari ... Difficile tenergli testa...

Aggiunse guardando ora nel vuoto, come fosse caduta all’improvviso in trance.

- Perché  mi sta raccontando tutto questo Mme Nerval ? Ora che è morto.

Si sentì in dovere di interromperla Cedric.

Lei sorrise accogliendo con favore quella  domanda.

- Perché lei, fin dal primo momento, mi ha giudicato una stupida, una buona a nulla, la classica oca a rimorchio del marito. La “femme fatale” da esporre per la sua avvenenza e da mostrare come un bottino di guerra. La donna dalla quale si torna solo per una cosa ...

Ed ecco che ritornava la distanza da Cedric, con quel “lei”. Cedric rimase colpito dalla serena franchezza della Nerval. Come contromisura, il detective aveva  già tarato la sua espressione su quella nuova, inedita e seriosa di lei.

- Io mi sono sempre sentita Julie Nerval dentro...ma quando diventai Mme Dutroux, nessuno ne volle più sapere di quella Julie... Tutti si aspettavano da me che sarei stata la ruota di scorta del nostro matrimonio, la donna oggetto, la tappa buchi buona a nulla, quella che rideva a comando, stupida e inconsistente  come una folata di vento che passa e non torna più ...

Cedric ebbe l'impressione, o almeno spero', che quella sorta di schiettezza potesse servire da sprone adesso per parlare del figlio Eric.

- Che madre è stata lei per Eric… se mi posso permettere ?

La Nerval alzò lo sguardo su Cedric  come per accertarsi di non essere sotto giudizio.

- Una mamma come tante... piena di rimpianto e rimorsi forse... per non esser stata più tempo al fianco del proprio figlio ... Per non averlo guidato al meglio in questo doloroso labirinto che è la vita.

Qui si morse il labbro.

- Mi vuole dire a questo punto… che idea si è fatta in cuor suo della scomparsa di suo figlio ?

Qui la Nerval ebbe una leggera esitazione. Poi si alzo' in piedi e si avvicinò al termosifone come alla ricerca di un po' di calore. Tirò su col naso mentre dava le spalle al detective.

- Eric non c'è... Eric non esiste...

Si lasciò scappare con un tono di voce flebile.

Cedric trasalì avvertendo una scarica al centro del petto. Nel contraccolpo, istintivamente, si era ritrovato quasi a strozzare i braccioli  della poltrona con le mani.

- In che senso, madame ...

- È una storia lunga Cedric...

D'improvviso  la  Nerval si voltò con decisione cercando gli occhi del detective che la attendeva  con un’espressione frastornata.

- Eric non esiste... È solo un fantasma che aleggia fra noi. L'ha voluto lui ...


Finalmente, dopo averla lungamente  osteggiata, trovò negli occhi di lei quell’espressione di muta e calorosa confidenza, che le aveva cercato invano fin da quando l'aveva vista per la prima volta. E dal pianto irrefrenabile ed inconsolabile in cui era scoppiata, Cedric capì che il pomeriggio sarebbe stato lungo, lunghissimo. C'è un prima e un dopo in tutto. Ogni battito di cuore prima del successivo è come un flusso di storia registrata, assodata, vissuta e già consumata. Mentre il battito successivo, quello che deve ancora venire, rappresenta il dopo, l'incognito, l'azzardo, l'indefinito. In una parola, il futuro. E il futuro, si sa, non si ha mai la certezza di quello che ci potrà riservare.


Erano da poco passate le 18,00, Mme Nerval aveva chiuso dietro di sé la porta del suo appartamento, quando si ritrovò sprofondato nei suoi pensieri più tetri. Era stato un pomeriggio impegnativo sotto ogni profilo. Aveva dovuto vincere tutte le riserve mentali e i suoi preconcetti nei confronti di Mme Nerval. Aveva dovuto sconfiggere anche quella sorta di strana idiosincrasia che provava ogni volta di fronte al prototipo della femme fatale e alla sua disturbante bellezza. Una sorta di condizionamento psicologico che, aveva potuto sperimentare nel tempo, finiva ogni volta per inquinare ed inaridire i suoi rapporti con gli altri. E a capo di tutto ciò, si ritrovava ora rocambolescamente ed inaspettatamente a sciogliere i nodi attorno al mistero di Eric. Dovette rimanere in penombra per un attimo, cercare di non pensare a niente, sgomberare la mente dalla spazzatura e dai residui emotivi per poter infine riallineare il suo pensiero. Non fu semplice.


Eric Dutroux non esisteva. Bisognava farsene una ragione. Quello che per quasi una settimana Cedric si era affaccendato a cercare con il nome di Eric altro non era che un  concetto, un'idea, l'ipotesi di una creatura venuta fuori dalla mente malata del signor Dutroux. Una specie di fantasma plasmato dalla disperazione di un uomo che non si voleva  arrendere alla triste parabola della sua famiglia. In realtà, sarebbe stato inesatto dire che il fantasma di Eric fosse nato dal nulla. La tormentata storia dei Dutroux veniva da lontano, molto più lontano. E il tentativo di Mr Dutroux di crearsi un Eric a sua immagine, un Eric da poter inseguire e coccolare all'occorrenza, nascondeva in realtà il profondo dolore, mai sopito, di un padre di fronte alla scomparsa di un figlio. Un figlio vero, stavolta.


Era accaduto tutto sei anni prima, quando il rampollo di casa Dutroux, in carne e ossa, al culmine di un accidentato e drammatico percorso nel mondo della malavita parigina, aveva finito per sganciarsi completamente dalla famiglia. Facendo perdere completamente ogni traccia di sé. Il dolore per la scomparsa di quel figlio così problematico, si univa al rimorso profondo che i genitori provavano per non  aver potuto  e saputo dargli un adeguato sostegno. Per quasi un mese, la coppia Dutroux, che nel frattempo si era sfilacciata e aveva perso la brillantezza dei tempi d'oro, non aveva avuto più notizie di lui. A nulla erano valse le ricerche affidate ad un paio di detective. Poi un giorno all’improvviso, era saltato fuori con una telefonata, durante la quale il ragazzo, poco più che vent'enne, aveva rivendicato la libertà di poter vivere la vita come meglio gli pareva.


Coscienti di giocare una partita ormai persa, i Dutroux avevano in certo qual modo insabbiato la sua scomparsa. Che fare se si è  genitori non più graditi di un figlio ormai maggiorenne che,  seppure zeppo di problemi, aveva ormai deciso di non voler più fare parte della famiglia? In certi casi non si ha scelta, aveva pensato Cedric ascoltando esterrefatto  il resto del racconto di Mme Nerval.  Lo svelamento al pubblico di quella brutta storia familiare avrebbe peraltro  esposto la famiglia ad una pessima impressione mediatica. In un periodo non proprio facile per gli affari dello studio Dutroux. Fu così che Mr Dutroux e Mme Nerval, dovettero masticare il boccone amaro e, in un doloroso silenzio, a poco a poco accettare di aver perso un figlio per sempre.


Qui entrò in scena l'ossessione di Gerard Dutroux. In un momento di massima debolezza che Mme Nerval definì, di lucida pazzia, Gerard Dutroux aveva pianificato di costruire la sua  nuova creatura. Come fosse un imponente grattacielo, un grande complesso residenziale, un colossale teatro dalle forme avveniristiche. Ecco come era andata. Un giorno Dutroux si era ritrovato a selezionare delle foto di un modello maschile su una rivista di moda. Aveva così iniziato a creare un album delle memorie di Eric, giocando sul collage dei componenti della famiglia, sostituendo al figlio naturale le effigi ritagliate del nuovo Eric. In quello stesso periodo aveva registrato a nome di Eric una serie di domini online e di indirizzi di posta elettronica. Sotto lo stesso nome Eric figurava anche come  membro attivissimo sul think tank Novalia. E non era tutto. Dutroux aveva registrato un paio di carte di credito, a nome Eric Dutroux, da cui settimanalmente prelevava denaro. Poca cosa. Quasi per onorare un passaggio di normalità. Chissà, forse per omaggiare la vita che, in quella assordante assenza, continuava in parallelo a scorrergli accanto. C'era un che di patologico in tutto ciò',  di sconnesso, di malato, eppure, pensava Cedric, sembrava difficile non vederci anche qualcosa di commovente.

  

C'era di più. La cosa che scombussolò definitivamente il detective fu la clamorosa scoperta della vera identità del figlio dei Dutroux. Si concesse ancora un attimo per pensare a tutte le informazioni accumulate nel corso di  quella tribolata indagine. A tutte le mensogne che aveva dovuto subire. Non solo da parte della famiglia Dutroux ma anche da parte dei sedicenti amici di  Eric, da parte dj Jean, Bruno e Yvonne... Non riusciva davvero a credere che, alla fine di tutta  questa parata, di questa sorta di messa in scena sul palcoscenico della vita, il vero figlio dei Drutroux dovesse davvero risultare proprio lui: Pascal, altrimenti conosciuto nei bassifondi di Marsiglia come  El Chapo. Il ragazzone appena ventiseienne, destinato a diventare il numero uno del narcotraffico in Francia.  Questa davvero non se la sarebbe mai aspettata.


Rimase quasi per un'ora a rimuginare sulle connessioni, come  a voler verificare i passaggi che gli mancavano, alla luce di queste nuove rivelazioni. Tutto era da rifondare. Il sipario delle illusioni era caduto e una nuova verità si faceva spazio, affondando la precedente versione. Si sentiva stropicciato, stanco, esausto adesso. A memoria non ricordava di essersi mai imbattuto personalmente in una storia così stramba. Aveva pure cercato di lottare, impugnando i propri dubbi e sbattendoli in faccia alla Nerval.


- Chi mi dice, mme Nerval, che lei non voglia una volta di più stordirmi con un'altra delle sue storie ?

Aveva sbottato all'acme della sua incredulità.

Ma la madame non sembrava aver più voglia di giocare ormai, né di nascondersi.  Nel raccontare la storia della sua folle famiglia, aveva lasciato andare da parte i toni, gli accenti e il pathos dei tempi migliori. Con gli occhi gonfi dal pianto, lo sguardo fisso nel vuoto, sembrava invece deporre davanti ad un giudice, al quale aveva deciso di vuotare il sacco, dopo un lungo travaglio interiore. Con la stessa  serenità di chi avesse ormai fatto una volta per tutti i conti con se stessa.


A questo punto Cedric dovette ridisegnare nello specchio della mente tutti i nuovi passaggi che scaturivano da quel nuovo racconto. E anche in questa nuova versione, c'era da scommettere, il deus ex machina, sarebbe rimasto sempre lui, l’inarrivabile Gerard  Dutroux. Ossessionato dalla mancanza di quel figlio ribelle e logorato dalle notizie che davano Pascal, El Chapo, ormai lanciatissimo nell’olimpo del narcotraffico, l'architetto aveva probabilmente  tentato l'ultimo suo colpo di coda. Con la speranza di giocarsi un ultimo tentativo per redimerlo.  Ed ecco come sembrava fossero andati i fatti nelle  ultime due settimane.


Dopo diverse nottate spese a navigare sulla chat di Novalia, sotto falso  nome di Eric, Dutroux era  venuto a conoscenza di Jean e di Bruno, ragazzini appena diciottenni, al loro ultimo anno di Liceo. In veste di amministratore del think tank, aveva sfruttato le sue conoscenze tecniche per spoilerare tutte le loro connessioni e le loro email. Aveva così scoperto, esaminando i loro messaggi, che i due tenessero parecchi contatti con gli organizzatori di rave party e di quanti ci giravano attorno. Fra questi spiccava il nome di un certo El Chapo. Non gli sembrò vero. Dopo diverse verifiche ebbe la certezza che quel nomignolo, con cui era conosciuto il figlio negli ambienti della mala, fosse riconducibile al profilo del figlio.


L'indomani non ebbe esitazioni ad andare a scovare i due ragazzini all'uscita dal Liceo. E minacciandoli di spifferare alla polizia le loro discutibili frequentazioni online, li costrinse a concordare insieme a lui un piano di attacco. I due sarebbero stati la testa di ponte per creare un primo contatto con Pascal, durante il rave party in quel fatidico sabato a Dijon. Laddove Pascal sarebbe stato accolto quasi come una star, spadroneggiando insieme ai suoi scagnozzi. Il loro compito sarebbe stato quello di acquisire più informazioni possibili sul conto di Pascal: la città  dove vivesse, il nome di qualche bar di sua frequentazione, il quartiere dove si muovesse. Nel frattempo, la seconda parte del piano prevedeva l’entrata in scena di Dutroux insieme al detective Cedric Bovin, al quale veniva delegato il compito di sfruttare le informazioni fornite dai due ragazzini, per  trovare la pista giusta per finalmente stanarlo.


- Per quale motivo Dutroux aveva tirato fuori la falsa  storia della scomparsa di Eric con me?

Aveva chiesto a quel punto Cedric alla Nerval.

-  Quello era  stato un  escamotage -aveva precisato la donna -Se mio marito avesse proposto a qualsiasi detective di mettersi sulle tracce di El Chapo, quasi sicuramente tutti avrebbero declinato l'ingaggio. I detective ormai non vogliono avere più a che fare con un mondo in cui le pistole sono all'ordine del giorno. Quando ormai nelle banlieue la vita umana vale meno di zero...

- Sì ma una volta a Dijon, avrebbe potuto svelarmi il trucco...cosa aspettava ancora? Abbiamo avuto pure un violento scontro verbale... Eppure niente...

Cedric cercò di ripassare mentalmente al setaccio i dialoghi con l'architetto, alla luce di quelle incredibili novità. Mentre la Nerval sembrò prendere le difese del marito. 

- Non lo biasimo, sa... Se a quel punto di tensione le avesse svelato di aver raccontato una serie di palle, lei non l'avrebbe presa bene di certo ... Dapprima non ci avrebbe creduto e poi, nel dubbio, sarebbe sicuramente scappato dalla porta principale senza voltarsi indietro... Lo so, è stato un ingenuo mio marito... 


Nel riconnettere i fili mancanti, Cedric dovette sforzarsi a rivedere il suo film senza la presenza di Eric. E così avvenne che i due amici, Bruno e Jean, arrivati a Dijon quel sabato, furono accolti dalla loro amica, Yvonne, alla quale avevano spiegato per filo e per segno la nuova situazione. Non fu difficile convincere Yvonne a tenere sotto chiave la nuova versione dei fatti, compresa la falsa storia su Eric Dutroux.  

- Fate finta che Eric sia sempre con voi - li aveva  istruiti Dutroux – fingete che sia lui il figlio che sto cercando.... E non traditemi mai su questo punto. Anche se doveste essere interrogati da un detective o dalla polizia. Inventatevi un Eric tutto vostro. Sarà il nostro segreto.


Poi pero’ qualcosa sembrò non andare per il verso giusto.

- Mio marito sperava che i due ragazzi, facendo leva sull' innocenza dei loro discorsi e sulle piccole confidenze che si fanno a quell'età,  avrebbero potuto attingere ad informazioni più precise sul conto di Pascal... 

Invece accadde il contrario. Pascal aveva fiutato qualcosa di strano nel loro comportamento, del nervosismo o forse delle domande un pò troppo dirette. E finendo per insospettirsi, aveva minacciato tutti di beccarsi una pistolettata in fronte, nel caso avessero solo osato diffondere informazioni sul proprio conto. Dal canto suo, Dutroux, non ricevendo da Jean e Bruno le informazioni necessarie, per le quali aveva architettato tutto questo ambaradan, alla fine si ritrovo' allo sbando. Senza sapere bene come uscirsene da quella situazione. 


Adesso Cedric riusciva a spiegarsi i motivi di quei comportamenti incomprensibili da parte dell’architetto. Bloccato su ogni fronte e incapace di muovere un dito per indirizzare le indagini, Dutroux sembrò chiudersi su se stesso. Sempre più. Come in quel terribile faccia a faccia nella hall dell’hotel di Place de la Liberation, quando aveva permesso a Cedric di fare strame del suo immobilismo, delle sue indecisioni, dell'incapacità di prendere alcun tipo di decisione.


Grossomodo, i fatti  tornavano tutti. Almeno su quel versante.

- Cosi deve essere andata ...
Si sorprese Cedric ad un certo punto a parlare ad alta voce. Stavolta, per la prima volta da quando l'aveva conosciuto, gli sembrò  di provare una certa empatia per quella strana figura di uomo.  Artista capace, scaltro manager, malvivente sconnesso e padre ingenuo... Tutto, suo malgrado.


Ma la cosa forse più incredibile di tutte, la classica ciliegina sulla torta, in questa clamorosa girandola di confessioni, Mme Nerval l'aveva riservate per ultima. Quando alla fine, trovandosi ormai a due passi dalla porta, indossati gli occhialoni neri, nella penombra dell'uscio, non avrebbe più dovuto affrontare direttamente lo sguardo giudicante di Cedric.

- Dopotutto, il mio rimorso più grande nei confronti del mio ex marito ...  è quello di non avergli mai confessato che Pascal non è nemmeno figlio suo.